Forse non tutti sanno che l’Ercole in arenaria posto al centro del cortile di Palazzo Poggi non è l’originale settecentesco di mano di Angelo Gabriello Piò. Dal 1984, la scultura è custodita nell’anticamera dell’Aula Carducci, sostituita da una perfetta copia in scala naturale che in quell’anno ne prese il posto sull’antico piedistallo.
Dopo aver trascorso più di due secoli e mezzo all’aperto e alle intemperie delle stagioni, dopo numerosi interventi di restauro e di manutenzione - nei primi decenni del Novecento, per esempio, per ovviare ai danni che per sua natura l’arenaria incontra quando si trova all’esterno, si era provato anche a proteggere l’Ercole con un tettuccio -, la statua si trovava in pessime condizioni conservative, tanto da obbligare l’Alma Mater a quella scelta drastica, l’unica che si riteneva percorribile per evitare danni ancora più gravi.
L’attuale collocazione è quindi conseguenza di un’operazione di natura preventiva finalizzata alla salvaguardia della scultura nelle migliori condizioni conservative possibili, dopo vari tentativi che però non portarono ai risultati sperati. La prevenzione è, infatti, una componente primaria della tutela, e la scelta di musealizzare l’opera del Piò, rinunciando alla sua collocazione storica, allo strettissimo rapporto che questa aveva con l’architettura circostante (comunque ancora in essere grazie alla copia), ha certamente ridotto il rischio di deterioramento ed evitato il degrado irreversibile di una delle più importanti prove “in macigno” del maestro bolognese.
Il tema della conservazione delle statue all’aperto e della loro “messa in sicurezza” in un luogo chiuso, comunque fruibile, a favore della contemporanea sostituzione delle stesse con copie identiche - forgiate nella medesima materia, come è accaduto per altri capolavori dell’arte italiana in lungo e in largo per la Penisola -, è ancora molto dibattuto, oggetto di opinione contrastanti fra gli addetti ai lavori, come se il contesto dell’opera d’arte fosse più importante della sua conservazione ai posteri. Ogni decontestualizzazione porta con sé numerose criticità, ma i vantaggi non sono di poco conto, oltre che per la fruizione del bene, per la sua salvaguardia.
Anche per storicizzare queste problematiche, si è deciso – grazie al contributo economico di Lavoropiù S.p.a. – di avviare un cantiere di manutenzione e restauro dell’Ercole e di aprirlo a tutta la comunità universitaria e a chiunque intenda provarsi con la teoria e la pratica della conservazione delle opere d’arte e con temi legati alla tutela del nostro patrimonio culturale.
Ercole si racconta. Quattro conversazioni sulla statua simbolo di Palazzo Poggi
In occasione del restauro dell’Ercole a riposo di Angelo Gabriello Piò, il Sistema Museale di Ateneo, propone un ciclo di incontri per approfondire temi legati alla tutela del patrimonio culturale.
15 febbraio 2023, ore 17.30
Sala di Ulisse, Palazzo Poggi
Via Zamboni 33, Bologna
Luca Ciancabilla | Sistema Museale di Ateneo - Università di Bologna
Camillo Tarozzi | Restauratore
Il restauro dell’Ercole: una prima indagine conoscitiva attraverso lo studio delle fonti e della materia
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
3 marzo 2023, ore 17.30
Sala di Ulisse, Palazzo Poggi
Via Zamboni 33, Bologna
Andrea Bacchi | Dipartimento delle Arti - Università di Bologna
Davide Lipari | Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte, Spettacolo (S.A.R.A.S.) | Sapienza, Università di Roma
«Con nuova e bella fantasia»: l’Ercole di Angelo Gabriello Piò e la scultura a Bologna nel Settecento
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
17 marzo 2023, ore 17.30
Sala di Ulisse, Palazzo Poggi
Via Zamboni 33, Bologna
Francesco Citti | Biblioteca Universitaria di Bologna
Alessandro Iannucci | Dipartimento Beni Culturali - Università di Bologna
Ercole: apoteosi, cadute, rinascite di un eroe dai mille volti
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
31 marzo 2023, ore 17.30
Aula Magna, Biblioteca Universitaria di Bologna
Via Zamboni 35, Bologna
Claudia Golino | Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia - Università di Bologna
Matteo Naldi | Lavoropiù S.p.a.
Cultura e impresa: un binomio vincente per il futuro del territorio
Ingresso previa prenotazione al link:
https://eventi.unibo.it/prenotazioni-bub/cultura-e-impresa-un-binomio-vincente-per-il-futuro-del-territorio
Posti limitati, prenotazione possibile sino alle ore 17.15 del 31 marzo 2023.
La storia dell’opera
Stando a quanto affermato dal poeta, letterato e pittore bolognese Giampietro Zanotti fra le pagine della Storia dell’Accademia Clementina (1739), la cui sede a partire dal 1712 si trovava proprio a Palazzo Poggi, l’Ercole a riposo fu eseguito da Angelo Gabriello Piò (1690-1769) intorno al 1720, subito dopo la conclusione del suo soggiorno romano presso la bottega di Camillo Rusconi.
A Roma, a partire dal 1718, Angelo Gabriello esegue disegni, prende appunti, visita e studia le opere d’arte e i monumenti della città, i classici dell’antichità, come le meraviglie realizzate dai suoi contemporanei. Il viaggio diventa un’occasione di crescita e maturazione artistica, l’avvio di un percorso concreto oltre le sicurezze acquisite in patria, anche perché gli permette di esercitarsi con costanza nella scultura in marmo, storicamente poco praticata a Bologna.
Tanto che nel più nobile dei materiali eseguirà diverse figure sacre di medie dimensioni - oggi perdute - per inviarle ad Antonio Cavazza, suo protettore e committente fin dagli anni giovanili. E sarà proprio lui, non appena il Piò rientrerà in Emilia, a incaricarlo dell’esecuzione di alcune sculture per la propria casa di Via Castiglione (oggi Palazzo Spada): un Apollo e una Diana in stucco a decorare la scala di accesso al piano nobile; una Flora e per l’appunto un Ercole, entrambi in arenaria, a ornare il giardino interno al palazzo.
Qui l’Ercole rimase fin verso il 1741, quando venne acquistato dal nobiluomo bolognese Pietro Conti, che ne conservò la proprietà fino al 1746, anno in cui decise di donarlo all’Istituto delle Scienze, dove fu infine collocato a partire dal 1751.
Si tratta di un’opera di chiaro afflato classico, in cui si riconosce il debito intellettuale nei confronti del Rusconi, quindi l’influsso del periodo romano, esperienza che ne segnerà tutta la carriera, anche se, nel corso degli anni, più che l’arenaria e il marmo, Angelo Gabriello preferirà lavorare la terracotta, lo stucco, dilettandosi con successo anche nella ceroplastica.